La storia di Anna...

Anna stamattina si è svegliata prima del solito. 

Quando esce di casa ha ancora sotto le narici l’odore della moka bevuta a occhi chiusi. Suo figlio la vede percorrere trafelata il vialetto, mentre s’aggiusta il cappotto verde: lui attenderà ancora qualche minuto, prima che la staffetta del bici‐bus passi davanti al muretto del giardino. Lei invece la bici la sta già guidando, verso l’argine del Volano che bagna placido Baura. 

Ha chiamato l’imbarcazione pochi istanti prima, in accappatoio dal bagno di casa, con l’applicazione smart che un gruppetto di giovani makers ha ideato all’interno del laboratorio urbano dell’ex Teatro Verdi. Anna vede il battello arrivare mentre dall’argine sta scendendo la rampa che la accompagna all’approdo. 

Asseconda la sua bici con cannone (ha sempre preferito le bici da uomo) dal pontile al piano di calpestìo in vetroresina del piccolo e veloce catamarano. Mentre parcheggia il suo mezzo tra gli altri, individua un posto a sedere; va ad accomodarsi dietro il tepore dei vetri e apre la borsetta. Sfila con gesto leggero un libro dalla copertina plastificata e dalla grafica minimale in bianco, rosso, nero, anni settanta. Fa per aprirlo, ha un’esitazione. 

Pensa alla persona che glielo aveva regalato, un paio d’anni prima, quando il periodo che stava attraversando assomigliava molto alle code a passo d’uomo che frequentava, con fedele assiduità, ogni giorno sui binari del lavoro. 

Pensa a quell’infilata di tubi di scappamento mentre, volgendo lo sguardo oltre i vetri semi‐appannati dell’imbarcazione, incrocia la figura di un airone. O era una statua di airone. No, si è mosso, attratto dal decollo di uno stormo di folaghe. Si scopre a formulare un improbabile paragone tra la vibrante geometria di quella formazione volante e la lunga, statica teoria di auto di un paio d’anni prima. 

Pensa a come nel frattempo è cambiata la sua vita, si lascia sfuggire un sorriso; si aggiusta i capelli in modo intimo, verificando con l’angolo degli occhi l’assenza di sguardi, a garanzia di un momento solo suo. 

Intravede già in lontananza la piazza sulla darsena, anticipata da un riverbero di luce sull’acqua crespa. 

La settimana sembra iniziare leggera. Tutto questo accade la mattina del cinque dicembre del 2022, un lunedì.

Da un testo di Sergio Fortini, per raccontare, attraverso una suggestione narrativa, la visione di Metropoli di Paesaggio.

E anche se, per il momento, rimane il frammento di un racconto sulla carta, esso rappresenta l’anticipazione verosimile di un normale principio di giornata nella Ferrara prossima, che ha nella collettività un vero centro nevralgico. O, forse, sarebbe meglio precisare ‘delle collettività’, poiché, come avremo occasione di comprendere, si sta parlando di una visione complessiva orientata a opportunità di rigenerazione che chiamano in gioco l’intero territorio ferrarese e le comunità diverse, da est a ovest, che lo (s)popolano. 

Il territorio ferrarese sconta da anni evidenti criticità dovute al sistema del traffico pesante e alla logistica degli spostamenti da/per Ferrara, nonché un costante processo di spopolamento di quelle frange della provincia ormai prive di centralità e servizi e di fatto, lasciate ai margini del sistema di collegamento principale. Le dinamiche socioeconomiche di queste lande non hanno saputo tenere il passo di trasformazioni epocali e hanno evidenziato la quasi totale assenza di resilienza dei modelli ancestrali cui erano legate. Un inesorabile processo di spopolamento ha caratterizzato il mancato approccio alla modernità, con sensibili effetti di scollamento sociale e depauperamento economico: le opportunità, da tempo, sembrano essere altrove, soprattutto in quelle polarità urbane che, per quanto sovente in assenza di qualità della vita, obbediscono ad altri principi e altre velocità.

D’altronde, questo stesso territorio conserva i presupposti per un cambio di guardia sotto il profilo della strategia trasportistica, con l’opportunità di utilizzare un sistema intermodale terra‐acqua sulla scorta delle potenzialità insite nella idrovia in via di definizione.

Il tessuto ecosistemico che lo contraddistingue presenta un’orografia vantaggiosa e un sistema di piste ciclopedonali ormai radicato e diffuso (negli ultimi dieci anni la lunghezza complessiva nel solo comune di Ferrara è passata da 87 a 175 km), cui si aggiunge una lunga teoria di altrettanti percorsi di terra ‐ immersi nel paesaggio e spesso già dotati delle caratteristiche per essere attraversati in bicicletta ‐ e di acqua, attraverso un reticolo complesso e in buona parte navigabile, patrimonio identitario di luoghi storicamente lenti.

Sotto tale profilo, la Ferrara idropolitana (termine coniato nel 2014) e il proprio territorio conservano caratteristiche uniche all’interno del panorama nazionale ed europeo. 

Tale unicità è sostanzialmente dovuta a quattro fattori:

  • La vasta estensione territoriale di una delle province più grandi d’Italia
  • L’orografia prettamente orizzontale del suolo
  • La presenza di un vasto sistema irrorante e navigabile di fiumi e canali (almeno 260 km)
  • La presenza di ampie porzioni di territorio tutelate sia sotto il profilo paesaggistico che sotto quello storico‐culturale (dalle zone Rete Natura 2000 agli ambiti Unesco)

 

Proprio da una ri‐considerazione di qualità sottaciuta nasce una visione che può cambiare la logica della rigenerazione e della riappropriazione di luoghi semidimenticati: il paesaggio non è solo una risorsa da tutelare e contemplare, ma può in molti casi rappresentare la nostra migliore infrastruttura. In quella vece, esso può di fatto costituire il reticolo fisico, la trama orografica e narrativa di un sistema a grana fina, in grado di raggiungere anche i luoghi più marginali o emarginati. La presenza costante e variegata di percorsi (esistenti o potenziali) garantisce un telaio ideale per una strategia di mobilità intermodale.

Piste ciclabili, corsi d’acqua navigabili, percorsi nel paesaggio, tratti ferroviari prossimi al disuso sono gli elementi ricorrenti del territorio e ne costituiscono il fil di ferro portante entro il quale muoversi sfruttando tecnologie innovative per il trasporto e ottimizzazione dei tempi di spostamento: biciclette, imbarcazioni, bus elettrici, treno di superficie sono i mezzi necessariamente ripensati per movimenti frequenti, comodi e capillari, in grado di trasformare le distanze kilometriche in tempi di percorrenza. 

La strategia di una mobilità intermodale fondata sull’infrastruttura‐paesaggio diventa la premessa per una rigenerazione territoriale della pletora di volumi e spazi addormentati e depauperati della propria socialità che ormai da tempo campeggiano su tutta la provincia.

I quattro caratteri sopra descritti forniscono dunque le condizioni di partenza per una nuova rappresentazione del territorio: non più una larga provincia puntellata da una unica città (Ferrara) e da una costellazione di paesi e frazioni frammentati, privi di ogni capacità attrattiva e in via di epocale spopolamento; bensì una unica metropoli di paesaggio di cui Ferrara è il centro, Cento il suo quartiere più a ovest, Comacchio il suo quartiere più a est e dove le distanze vengono sostituite dai tempi di percorrenza.

Metropoli di paesaggio è locuzione che individua un modello di conurbazione di grandi dimensioni (in questo caso delle dimensioni dell’intera provincia) nella quale, a parità di servizi erogabili in una metropoli di analoghe dimensioni, il paesaggio supera per estensione le porzioni antropizzate. Il presupposto fondamentale per la costituzione di una metropoli di paesaggio ferrarese è individuabile nella articolazione ragionata che quest’ultimo offre per disegnare un sistema infrastrutturale intermodale e sostenibile ‐ su terra e su acqua ‐ che preveda la presenza di un’arteria principale est‐ovest; una serie di nodi di scambio tra mezzi di trasporto diversi (bicicletta, imbarcazione, bus elettrico, treno di superficie) disseminati su tutto il sistema; una tangenziale di paesaggio nel fulcro del sistema (la centralità di Ferrara) che prevede la circolarità del tragitto ‐ anch’esso lento, tra terra e acqua o, meglio, ‘da fiume a fiume’ ‐ Volano/circuito Mura/Parco Urbano/Po/Boicelli/Volano; una rete di percorsi che dall’arteria principale si dirama in tutto il territorio metropolitano. 

In un ribaltamento di prospettiva, l’intermodalità sostenibile non risulta più appendice dovuta di dinamiche rigenerative, bensì telaio portante e strategia necessaria per tali processi, fissando le condizioni per una ripartenza sociale ed economica, presupposto per nuovi investimenti e servizi alle collettività che torneranno ad abitare luoghi ora inanimati.

Scarica e leggi il documento che descrive questa strategia: